[Istruzione🎒] L'educazione delle bambine [STEM🧠] Saggia-mente

Le ragazze non son brave in matematica

In un pomeriggio carico di zuccheri semplici, faccio una lunga chiacchierata con una docente di matematica, scienze e informatica che per 40 anni ha insegnato nella scuola pubblica. Partiamo alla scoperta delle radici di uno dei più famosi luoghi comuni sui frattali rosa.

È vero che le ragazze sono meno brave dei ragazzi in matematica?

No, non è vero.

Perché dici che non è vero, è una opinione piuttosto diffusa..

Intanto per dire che le ragazze sono meno brave bisognerebbe avere in mano dei dati che contraddicano un recente studio neuroscientifico sul tema, dal quale viene invece fuori che maschi e femmine hanno cervelli simili e identica attitudine alla matematica. E poi comunque dalla mia osservazione diretta in classe, nella mia percezione diciamo, la differenza nel rapporto con la matematica non è nelle capacità, che sono sempre individuali e indipendenti dal genere, ma nelle condizioni di apprendimento.

Nel tempo in cui tu hai insegnato ti è successo di notare che le ragazze hanno voti più bassi dei ragazzi nelle materie scientifiche o che le ragazze riescono meno bene o che la ragazze hanno più paura della matematica?

Allora, intanto io ho insegnato in tempi diversi da questo, ho 40 anni di osservazione, ma mi preme precisare che anche le condizioni di osservazione influiscono sull’osservato. Quindici, venti anni fa molte cose erano diverse, dunque non credo che si possa trasferire la mia esperienza all’oggi tout court, senza adattamenti. Però quello che ti posso dire senz’altro è che la differenza di approccio allo studio tra maschi e femmine esiste. L’ho osservata nella matematica, ma vale anche per altre materie e consiste nella diversità di  approccio alla conoscenza, all’esplorazione dell’ambiente (reale e concettuale), al modo di osservare.

Perché è diversa, in che modo?

Di base c’è un’educazione diversa: mentre al maschietto è consentito maggiormente (o almeno era) far cose fuori dall’ordinario – esplorare, inventare, anche trasgredire le regole – dalle ragazze veniva comunque preteso un modello comportamentale di dedizione. In classe compostezza e precisione, fuori dalla classe funzioni di cura. Solo nel tempo rimanente, forse, spazio alla curiosità e all’inventiva.

Qualche esempio pratico?

Forse adesso le cose stanno cambiando ma l’educazione dei maschi è sempre stata più indulgente e tollerante nei confronti della trasgressione delle regole. Veniva interpretata (giustificata?) come eccessiva vivacità, quasi in modo soddisfatto, specie da parte dei genitori. Ma sì, è un po’ briccone ma è tanto curioso.. oppure Sì, è trasgressivo, ma lui voleva esplorare.. Anche gli/le insegnanti hanno un po’ questo vizio: gli avevo detto di non fare ma lui ha scoperto che..

Alle ragazze invece viene perdonato meno, subiscono gli aspetti più conservativi dell’educazione. Ad esempio, se una ragazza ha fratelli piccoli se ne deve occupare, la mamma si appoggia a lei più che a un figlio maschio. Non ce l’ha neanche il tempo di fare la briccona. Vuoi uscire di casa per esplorare? Sì, ma non da sola; oppure: sì, ma dopo che hai sistemato e sfaccendato. Ai maschi questo non veniva richiesto, con l’effetto di avere più tempo e più libertà.

Allora i maschi facevano sempre i compiti?

Non necessariamente. Anzi, dalle ragazze ci si aspetta spesso un compito preciso, ordinato, puntiglioso, mentre i ragazzi sono capacissimi di non presentare neanche il foglio e buttarsi tutto alle spalle appena escono dall’aula.

Innato?

No, culturale. 

Sono due modi diversi di approcciare il dovere perché siamo noi (insegnanti, genitori, società) a richiederlo, incentivarlo, tollerarlo. Nonostante questa disparità di opportunità iniziali, ho trovato nella mia carriera delle intelligenze brillantissime dal punto di vista matematico in molte ragazze.

Perché dici che la matematica ha a che fare con la curiosità, con la scoperta?

Perché la matematica è curiosità! La matematica non è solo studiare regole ed applicarle, ma risolvere problemi, amare i problemi, trovarli stimolanti e considerarli da più punti di vista.

Certo, ci sono anche le regole. Ma se si tratta di studiare delle regole, allora sicuramente le imparano prima le femmine..

Ok, ma qui stiamo parlando di matematica, cioè di capacità di fare i calcoli.

Niente affatto, questa è una visione riduttiva della matematica! Non si tratta di fare quattro calcoli, anche perché se fosse solo per quello le tabelline sono apprese prima e meglio dalle bambine che dai bambini. Parlo di osservare quello che c’è intorno, farsi delle domande, ipotizzare risposte ai problemi, verificare le risposte.. il tutto in forma razionale, ovviamente.

Sì, però c’è qualcosa che non mi torna. Allora: le femmine fanno i compiti più diligentemente, imparano prima le tabelline e poi però all’università ci sono molte meno iscritte alle facoltà STEM che iscritti; in Germania, ogni 1.000 laureati/e in tutte le facoltà, 34 sono laureati maschi STEM e solo 13 laureate STEM. Un trend che riguarda tutta l’Europa, anche l’Italia. Dunque che cosa manca in mezzo? 

In mezzo manca che le ragazze, prima dell’università, non sono riuscite a sperimentare la soddisfazione legata alla scoperta. Il piacere, che secondo me è un piacere mentale fortissimo, di risolvere qualcosa. Questo accade perché dopo aver imparato le tabelline, dopo aver fatto i compiti per bene hanno altro da fare, sono indirizzate a prendersi cura di qualcuno o qualcosa, a stare al loro posto, volere o volare.

Invece i ragazzi possono permettersi addirittura di ribaltare le gerarchie: prima esploro e dopo, forse, studio le tabelline. 

Quindi la chiave di volta è dare il tempo per sperimentare curiosità verso il mondo scientifico?

Certamente sì; ti dico una cosa.. all’inizio quando c’erano i primi computer era abbastanza usuale che ai maschi venisse concesso di accedere al computer del papà, almeno nelle famiglie benestanti in cui c’era un computer in casa. Alle femmine invece di meno, mi sono capitati anche casi in cui nella stessa famiglia il ragazzo poteva accedere e la ragazza, di fatto, no. Meno incentivo, meno tempo, meno possibilità.

E nel laboratorio di informatica, agli albori, l’atteggiamento di maschi e femmine era diverso, in termini di grado di interesse per la materia?  

Alcuni si lanciavano sui computer e altri no, indifferentemente dal genere. Alcuni andavano rassicurati e stimolati e poi rispondevano bene, altri rispondevano in modo meno coinvolto, ma non ho mai visto nessuno che in condizioni di tranquillità e di libertà non tentasse comunque di fare qualcosa.

Poi certo dipende anche dalle capacità personali e dall’insegnante, se sa dare un’occasione a tutti. Parliamoci chiaro: le/gli insegnanti in gamba sono quellə che sono in grado di dare una possibilità a tutti, mica solo a quellə bravə. 

Anzi, certe volte ci sono delle intelligenze che fioriscono proprio davanti a un computer..

Anche tra le ragazze?

Sì. 

Puoi focalizzare mentalmente il viso di almeno due/tre ragazze che erano brillanti con il computer?

Sì certo.

Ti sono venute in mente subito..

Sì!

E che tu sappia dopo hanno fatto studi scientifici oppure no?

Una sì, l’altra no. 

Come mai, non l’hai motivata abbastanza? (battuta)

No, anzi, quando c’era una ragazza che aveva voglia di lavorare con il computer e in questo campo mostrava di essere brillante si stabiliva un bel feeling, io mi entusiasmavo per le cose che faceva lei e lei era tutta contenta che io mostrassi incoraggiamento. Una specie di volano positivo. Per certe ragazze mettere le mani sul computer era una conquista. 

Perché tu invece ti sei avvicina al computer e alla matematica?

Mi hanno incuriosito. In particolare il computer, che ho iniziato a utilizzare per un caso buffo se vogliamo, cioè perché mi danno fastidio le cose inutilizzate.

In che senso?

In casa c’era un pianoforte, di mio marito, che però lui non suonava mai; io ho iniziato a studiare pianoforte da autodidatta, ma mi sono accorta che non mi dava molta soddisfazione, forse perché ho un udito terribile. Non arrivavo a dei buoni risultati con la musica e quindi mi sono detta “pazienza, almeno arreda”. Poi un giorno è arrivato a casa un Commodore 64, che giaceva in un angolo inutilizzato..

L’hai comprato tu?

No, mio marito, che comprava cose che non usava. Un giorno, ero a casa in maternità con la mia bimba piccola, ho cominciato a leggere il manuale, chiedendomi chissà come si accende questa roba. Non era difficile, il manuale era chiaro ed esplicativo. Man mano mi sono sempre più entusiasmata, pur partendo da cose semplicissime, come i videogiochi. Ad esempio il videogioco delle rane che attraversano la strada..

Me lo ricordo anche io! Come si chiamava, Frogger? Link alla versione originale https://www.edicola8bit.com/gioco.php?id=795

Sì, mi ricordo che mi è piaciuto da impazzire. Ho scoperto poi che si potevano dare dei comandi al computer, quel bel cursore verde in campo nero lampeggiava, aspettava solo che io gli dicessi qualcosa. Allora, sempre con il manuale in mano, ho iniziato a chiedergli alcune cose: fammi vedere dei files, qualche istruzione in basic, i primi fogli di calcolo. I manuali erano scritti interamente in inglese e io non parlo inglese, però tutto sommato risultavano semplici, ben strutturati e riuscivo ad apprendere rapidamente e con soddisfazione. 

Mettere nelle caselle numeri e valori che potevano essere richiamati altrove nello spazio della pagina, senza riscriverli, mi sembrava interessante. Ho fatto in questo modo il mio primo registro elettronico, alla fine degli anni ‘80.

Ma da qui a diventare docente di informatica?

La curiosità porta all’esperienza e per far una buona esperienza viene naturale integrare la conoscenza studiando, approfondendo. Per esempio, appena scoprivo un programma nuovo lo testavo: scoperto l’editor di testo ho trascritto la tesi di laurea di mia sorella e poi l’ho stampata. Lei avrebbe usato tranquillamente la macchina per scrivere, come era abitudine all’epoca, ma per me immaginare e provare è un metodo di apprendimento esperienziale fondamentale. Poi è arrivato Logo, il programma di lavoro con i vettori. La testa del vettore è un triangolo ed è utilissimo per fare disegno geometrico.

Che noia..

No, affatto. Con il Logo a scuola siamo riusciti a costruire dei bei videogiochi già negli anni ‘90. Avevo iniziato già dieci anni prima a perorare la causa dell’acquisto dei Commodore 64 in ambiente scolastico e con soli 2 computer era iniziata, nei tardi anni ‘80, l’avventura dell’informatica a scuola. Con tutta la classe scrivevamo piccoli programmi per risolvere i problemi di geometria: perimetro e area del quadrato, del rettangolo ed era bellissimo, i ragazzi e le ragazze si divertivano e imparavano. 

Alcunə che non facevano nulla nelle altre materie, con l’informatica si sono scatenatə. Ricordo moltə ragazzə davvero bravə. 

Voti altissimi, allora?

No, facevo la perfida (battuta). In verità gli studenti e le studentesse vanno sfidatə, stimolatə. Testavo i loro programmi e al primo giro mettevo in input il valore della base in centimetri con gli interi, così come anche loro avevano immaginato. Poi al secondo, mettevo i decimali e loro mi dicevano No prof! Non può mettere i decimali! E io rispondevo: chi ha detto che non si possono mettere i decimali? Certo che posso mettere i decimali, io l’ho misuato questo rettangolo, è proprio 38,2! 

Giocavamo, loro non si arrabbiavano, era tutta una sfida. E devo dire che quando si tratta di sfide sì, la risposta è più facile nei maschi, sono molto più suscettibili, raccolgono il guanto subito. Le femmine sono più caute, ma se decidono che è il caso di impegnarsi allora sono come i panzer e riescono ad arrivare ovunque.

Poi è venuto fuori Internet e abbiamo iniziato a fare siti, ma questa è un’altra storia

Hai insegnato anche matematica come dicevamo, perché questa professione?

Per caso. Sono laureata in biologia, la cattedra era matematica e scienze – avrei potuto fare solo scienze al liceo, ma non mi interessava l’istruzione liceale, una pentola di fagioli sempre in ebollizione, a quell’epoca.

Quando ho iniziato a insegnare ho soprattutto fatto un ragionamento molto semplice: le scuole medie sono tante, ne troverò una sul territorio e vicino a casa. Fare la mamma che lavora una volta non era una scelta ordinaria, scontata.

E non ti ha preoccupato l’ipotesi di non essere all’altezza in matematica?

Sì certo, ho cominciato a studiare matematica come una matta. Ho scoperto che ci sono un sacco di libri intelligenti, pubblicazioni americane, estremamente semplici. Per esempio, ho apprezzato tantissimo i librettini del progetto Nuffield che andavano per temi.

Prima di presentare un argomento a ragazze e ragazzi me lo studiavo e man mano scoprivo cose nuove, diverse metodologie, mi piaceva. Prima mi entusiasmavo io e dopo entusiasmavo ragazze e ragazzi.

Mi è sempre piaciuta la storia della matematica e quindi non l’ho mai presentata avulsa dal contesto, per esempio oltre ai teoremi spiegavo sempre chi era Cartesio, che cosa ha fatto di grande e di stravagante, anche..

Su questo aspetto meno di formule e più discorsivo le ragazze rispondevano di più? Ti sembrava di catturare maggiormente la loro attenzione oppure rispondevano uguale ai ragazzi?

Non saprei dire, la questione dell’attenzione è più legato alle possibilità della persona e del suo gruppo di inserimento che al genere. Chi, maschio o femmina, aveva l’esperienza di poter discutere delle lezioni anche fuori dalla classe, a casa o con qualche conoscente, riceveva più rinforzo positivo di chi aveva genitori che commentavano Ma cosa c’entra? Questa non è matematica, la matematica è 2+2! 

La corrispondenza con l’ambiente famigliare è importante e chi non ha possibilità a casa, di tempo e di dialogo, patisce sia il mero calcolo che lo studio del contesto storico. Una cosa che sembrerà banale: dipende da quanti libri e riviste si hanno a casa! C’erano ragazzi e ragazze che non avevano fonti informative a casa. Internet non c’era. Portavo il mio National Geographic in classe, ma nei primi anni ‘90, che la rete nelle abitazioni non era la norma, gli ipertesti li creavamo così: ritagli, fotografie scattate dal vivo, biblioteche e discorso. 

Lavori di gruppo?

Sì, esatto

E nei lavori di gruppo rispondevano meglio, mediamente, ragazzi o ragazze?

I ragazzi avevano più libertà di movimento, quindi se proponevo, ad esempio, delle registrazioni ambientali in vivo (rumori della natura o degli uccelli) loro avevano più possibilità di uscire e farle, specie nelle scuole di paese. Le ragazze non avevano questa libertà. Però con i cartelloni, invece, le ragazze sono sempre state più attive.

Quindi, scusa, i ragazzi la parte divertente e le ragazze sgobbano?

Eh, quando i ragazzi non fanno, alle ragazze viene spontaneo, nel gruppo, supplire.

Ci sono stato casi di conflittualità, momenti in cui i ruoli fissi sono andati stretti a qualcunə?

No, non ne ricordo.

Cioè in 40 anni mai una ragazza che si sia imposta, anche in modo apertamente conflittuale, dicendo a un ragazzo che non fa il cartellone senti adesso tu lo fai o io mi arrabbio e ti meno? (battuta)

No. Dovevo intervenire io per bilanciare le cose.

Un’ultima domanda. Ricordi una ragazza che ti abbia chiesto consigli su come sviluppare una carriera o un percorso scientifico in ambito scientifico?

No, ricordo il contrario, cioè di aver suggerito un percorso STEM e di vedere che veniva scelto altro. Però, voglio dire, se si fa il liceo classico poi non è un problema una carriera scientifica.

E se una ragazza fosse venuta a dirti: io voglio diventare una grande fisica? O l’astronoma?

Le avrei suggerito di fare il liceo classico!

Per disincentivarla?

Ma no! Perché al classico impari le basi del ragionamento e le origini del pensiero. Stimola la mente, la curiosità intellettuale e dopo puoi fare tutto. 

E lo scientifico non va bene?

Certo che va bene, la cosa più importante è: segui i tuoi interessi, fai quello che ti piace.

Ma come fai a capire se ti interessa e se ti piace, se sei una ragazza e parti dal luogo comune che la matematica non fa per te?

Semplice, prova! L’insegnante deve rendere la matematica accessibile a tutti, tu devi provarci.

Come?

Ricordo una volta una ragazza che mi aveva rivelato di essere molto preoccupata per matematica, le sembrava di non capirla affatto e aveva paura di andare male. Le ho detto Guarda è molto semplice, si tratta solo di fare pratica. Se capisci le mie spiegazioni e gli esempi in classe, a casa esercitati finché non ti sembra di afferrare il concetto, di padroneggiarlo. La chiave è l’esercizio.

Lei, che era molto diligente, faceva più esercizi degli altri e non ha mai preso meno di sette. Anzi, al liceo andava benissimo in matematica ed è tornata a trovarmi, contenta. Mi aveva detto che grazie a quel trucchetto alle superiori aveva persino vissuto di rendita.

Quale trucchetto?

Il trucchetto è farsi forza, coraggio ragazze, coraggio!

Foto credit: pexels

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