Il punto di vista di Céline
io sono la minore di due sorelle. Mia sorella maggiore ha fatto una visita di routine l’anno scorso e ha scoperto che qualcosa non andava bene. C’è ancora molta paura intorno ai nomi di certe malattie, la parola tumore è un tabù linguistico. Odette non sapeva come dirlo alla mamma, ma lei è una vera femminuccia e ha preso il toro per le corna, usando le parole così come vanno usate, anche al telefono.
Odette era molto calma, anzi è stata proprio lei a rassicurare me, mamma e il resto della famiglia, che un poco tendeva al panico, c’erano pianti e preoccupazioni, come è normale e giusto che sia in questi casi.
Odette è sempre stata un riferimento per me e anche stavolta mi ha indicato la strada: forza, coraggio, razionalità e affrontare tutto a viso aperto, senza strappi, senza intoppi. Chissà che cosa sentiva dentro di sé, se aveva paura, se si faceva coraggio con qualche pensiero. Con i bambini e le visite e tutto ciò che ha fatto per tutto il tempo che ha seguito le cure non ha mostrato segni di cedimento. L’ho ammirata.
Il caso vuole che anche io, pochi mesi dopo la sua scoperta, mi sento dire durante un controllo che bisogna approfondire. Una di quelle frasi che fanno tanta più ansia quanto più lasciano una scia di generico incontrollabile, l’alea, il rischio, un grande boh, mah, chissà. Chiedo bene spiegazioni perché credo che domandare e indagare sia un modo efficace per dominare la paura, una bella ancora pesante che tiene i piedi inchiodati al suolo. L’esame si chiama mammotome, un sistema di agobiopsia che utilizza una sonda assistita da un computer per effettuare biopsie di lesioni non palpabili della mammella, lesioni rilevate attraverso esami radiologici o ecografici. Pare che io abbia delle calcificazioni al seno sinistro ed è importante scoprirne la natura, mi dicono.
La mia reazione emotiva è stata mi preoccuperò solo se ne varrà la pena. La forza mostrata da mia sorella Odette sicuramente mi ha aiutato, ho cercato di vivere e fare tutto normalmente fino ai risultati della biopsia.
Vivere normalmente, quando ci si sente sospese, appese a un filo, è ben difficile. Ma vale la pena di provarci, due mesi dopo ho avuto un riscontro positivo: a differenza di mia sorella, tutto bene fino al prossimo controllo.
Perché racconto questa storia molto personale? Prima di tutto perché il tumore al seno non deve essere un tabù, ma una possibilità che tutte ci auguriamo di scansare, senza però per questo sottovalutare i controlli che verificano come stiamo effettivamente.
Non bisogna avere paura di controllarsi, la conoscenza e la coscienza sono strumenti potenti per affrontare la vita: la prevenzione non eliminerà il rischio che si possa avere da combattere, ma darà l’opportunità di attrezzarsi per tempo, grazie alla consapevolezza. Non stare bene è una cosa che non si vorrebbe mai sapere né scoprire e in effetti faccio fatica anche a scriverne, a parlarne; ma prendo coraggio e lo faccio perché è importante, può persuadere ad essere costanti. Con la prevenzione ed i controlli sanitari, se anche mai la statistica giocasse a sfavore, almeno si batte la casualità sul tempo, un tempo che sarà ancora utile per scegliere in che modo affrontare la cosa.
Il punto di vista di Odette
Era il 16 maggio 2020 quando facendo un controllo di routine, quindi senza cercare niente e non avendo la minima idea che potesse esserci qualcosa che non andasse, ho scoperto di avere un tumore al seno.
È stato scioccante!
Tuttavia, come ho sempre fatto non ho voluto pensare alle conseguenze ma ho subito agito perché è una caratteristica del mio carattere prendere il toro per le corna: così nel giro di un paio di giorni mi sono organizzata per una visita allo IEO.
Mi verrebbe da dire che ho messo le scarpe più comode e sono partita per Milano dove è stato confermato tutto anzi è stato raddoppiato tutto perché questo tumore non era solamente in un seno ma si trovava praticamente in entrambi i seni. È partito l’iter: ho fatto tutti i controlli e nel giro di un paio di mesi sono stata operata.
Perché Milano? Forse perché ho subito pensato che volevo mettermi nelle mani di qualcuno competente senza pensare alle conseguenze perché ero sicura che tutto sarebbe andato bene e volevo non avere rimpianti né dubbi sul percorso da intraprendere. Ho fatto tutto quello che mi è stato consigliato e devo dire che sicuramente è stata la scelta migliore perché ad oggi sono in fase di remissione. Non sono guarita perché penso non si guarisca mai né fisicamente ma soprattutto psicologicamente da una diagnosi così importante e soprattutto dalle sue conseguenze fisiche che ad ogni contatto con lo specchio non solo ricordano ma mi pongono in una sempre nuova percezione di me.
Però ogni controllo è un mattoncino in più che pongo per poter andare avanti e costruire quella che è la nuova me.
Una nuova me un po’ acciaccata, a volte un po’ triste ma sempre con tanta voglia di vivere.
A distanza di un anno, Ottobre 2021, ho fatto la ricostruzione, felice di avere per il momento chiuso questo cerchio fatto dalla diagnosi, dall’intervento e dall’inizio delle cure che naturalmente si prolungheranno per almeno cinque anni.
Oggi quello che so e che voglio condividere per tutte noi è che rifarei tutto allo stesso modo: quindi non abbiate paura mai, scegliete chi volete si prende cura di voi e agite!
Photo by Elianne Dipp on Pexels